Il Museo Diocesano dal 1962 ad oggi
Il Museo Diocesano di Imola nasce nel 1962 per iniziativa di don Antonio Meluzzi (1920-1997), con l’obiettivo primario di raccogliere e custodire in un luogo chiuso e protetto il patrimonio artistico sparso nelle chiese della Diocesi. Da un nucleo originario di sei ambienti espositivi, il museo si è ampliato nel corso dei suoi molti decenni di storia fino ad occupare le attuali diciassette sale al piano nobile del Palazzo Vescovile, con una ricca e varia collezione che conta ad oggi un totale di oltre 2.000 opere, databili dal IX al XXI secolo, fra dipinti, sculture, arredi, tessuti, oreficerie, monete e preziosi corali miniati.
Salito lo scalone monumentale progettato nella seconda metà del Settecento dall’architetto imolese Cosimo Morelli, si entra nella Sala grande, vasto ambiente d’ingresso anch’esso morelliano. Il percorso museale inizia, sulla destra, nell’Anticamera rustica, dove è custodita la preziosa e raffinatissima residenza eucaristica d’argento donata da papa Pio VII al Capitolo della Cattedrale nel 1816. Da qui si accede alla Galleria dei ritratti, elegantissimo ambiente interamente decorato che oggi ospita, oltre ad una serie di ritratti di cardinali e papi, una rara collezione di ceramiche faentine del secondo Ottocento; segue poi la piccola sala con la raccolta di ceramiche imolesi sempre ottocentesche. Fulcro dell’ala destra del museo è, poi, l’Appartamento rosso, una serie di quattro sale (Salotto, Sala del trono, Studio di Pio VII e Camera da letto) che vogliono riprodurre, nelle antiche sale per gli ospiti, l’aspetto conferito loro nell’Ottocento dal vescovo Mastai Ferretti (1832-1846), poi papa Pio IX; in queste sale è conservata la parte più consistente della Pinacoteca Diocesana. Di fianco all’Appartamento rosso, dopo aver attraversato il Corridoio Rusconi, la cui teca espone la collezione di targhe ceramiche (secc. XVI-XIX) e quella di dipinti votivi (secc. XVIII-XIX), si accede allo spazio anticamente occupato dalle sale della servitù, dove oggi si conservano la collezione di corali miniati (secc. XIII-XV) e i dipinti più antichi della pinacoteca (secc. XIV-XVI).
L’ala sinistra del museo è occupata da una successione di sette sale. Le prime sei compongono l’Appartamento verde, una serie di ambienti, rinnovati e decorati nel secondo quarto dell’Ottocento per volontà del vescovo Giustiniani (1826-1832), ciascuno dedicato a una collezione monotematica. L’Appartamento si apre con la Sala dei tessuti liturgici, che conserva vesti e paramenti dal XVI al XXI secolo, e continua con la Sala numismatico-filatelica, che espone francobolli, medaglie e monete dal IX al XX secolo, la Sala dell’arte sacra contemporanea, con dipinti e sculture di autori prevalentemente locali, fra cui si segnala l’imponente modello fittile della Porta Santa della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore in Roma, realizzata dal bolognese Luigi E. Mattei, la Sala delle terrecotte devozionali, con sculture di medio e piccolo formato di plasticatori emiliano-romagnoli dal Cinquecento al primo Novecento, e, infine, le due sale dedicate alle oreficerie sacre, con pezzi dal Quattrocento all’Ottocento. Chiude il percorso di visita la settima sala, detta Wunderkammer, la “camera delle meraviglie”, una piccola stanza, in antico una cucina, con il nucleo delle opere più rare e preziose dell’intero museo, fra mitre gemmate, calici smaltati e l’enorme cassa da viaggio del cardinale Gamberini (1760-1841), completa di tutto il suo corredo per le celebrazioni liturgiche.
Il Palazzo Vescovile di Imola nei secoli
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3 luglio 1187: prima attestazione documentaria della concessione del terreno per la costruzione del palazzo;
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1271: la cattedrale viene consacrata; i lavori per il palazzo non sono ancora conclusi;
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XVI secolo: vengono costruite l’ala nord-ovest verso il giardino e l’ala sud verso la Rocca;
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1655-1664: il vescovo Stefano Donghi fa costruire la parte sud-ovest del palazzo, destinata agli ospiti;
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1710-1728: il vescovo Ulisse Giuseppe Gozzadini fa decorare le sale di cui sopra con tele dei pittori Prospero Pesci e Nicola Bertucci (oggi nella Sala grande e nell’Anticamera rustica);
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1766: termina il consistente restauro del palazzo commissionato dal vescovo Gian Carlo Bandi, che lo aveva affidato all’architetto imolese Cosimo Morelli, cui si devono lo scalone, l’atrio e il monumentale salone d’onore;
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1809-1814: papa Pio VII, ancora vescovo di Imola e all’epoca prigioniero di Napoleone, ordina di chiudere l’attuale Galleria dei ritratti, anticamente una loggia, e ne fa realizzare la decorazione di pareti e soffitto ai pittori imolesi Antonio Villa e Angelo Michele Gottarelli;
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1816-1826: il vescovo Antonio Rusconi fa tappezzare le pareti delle quattro sale per gli ospiti con damaschi rossi;
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1826-1832: il vescovo Giacomo Giustiniani fa rinnovare e decorare le stanze dell’Appartamento verde;
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1832-1846: il vescovo Giovanni Maria Mastai Ferretti, poi papa Pio IX, fa restaurare tutto il palazzo, rinnova i damaschi dell’Appartamento rosso e ne fa decorare i soffitti;
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1845: l’edificio assume l’aspetto ancora oggi visibile.
La facciata del Palazzo Vescovile (2023)